Rencontre des élèves de 2nde ESABAC avec le journaliste Alberto Toscano

Alberto tosano face à la classe

 La classe di 2nde ESABAC incontra Alberto Toscano                                                       alberto toscano 

Alberto Toscano è un giornalista e scrittore italiano. Dopo essersi laureato in Scienze Politiche all’Università Statale Milano nel 1973, ha lavorato per vari giornali prima di trasferirsi a Parigi nel 1986 come corrispondente. Oggi, Toscano è uno dei giornalisti italiani più importanti a Parigi ed affianca al suo mestiere di giornalista quello di scrittore con ben otto libri già pubblicati!

Quest’anno, la nostra classe di 2nde1 ha letto il suo libro “Gino Bartali. Una bici contro il fascismo” pubblicato nel 2018 in francese con il titolo “Gino Bartali. Un vélo contre la barbarie nazie”. La prefazione è scritta da Gianni Mura, celebre giornalista sportivo italiano, e il libro ha vinto il premio letterario “Della Resistenza, giovani” della città di Omegna.

Il nostro professore d’italiano, Marco Caccavo, ha organizzato un incontro con l’autore per darci la possibilità di porgli delle domande sul libro, ma anche sulla propria vita ed esperienza come giornalista e scrittore franco-italiano. Ecco il resoconto dell’incontro.

Quali sono, secondo Lei, le qualità per essere un buon giornalista? Ha sempre avuto una passione per la scrittura? 

“La vera scuola per un giornalista è la vita, l’esperienza. Già da piccolo mi esprimevo attraverso la scrittura, ma mi piacevano tanto anche le radio libere dove si poteva dire tutto. Ho lavorato per le radio francesi tutta la vita e non c’è emozione più bella della radio. Ancora oggi mi intervistano radio sia francesi, sia italiane; secondo me è un modo diverso di vivere il giornalismo, sei giudicato per quello che sei, per quello che pensi e che dici. Non è come la televisione dove devi stare attento anche al personaggio che incarni infatti, prima di andare in televisione, devi passare dal truccatore, sei meno naturale. Sono andato anche in televisione naturalmente, ma non c’è paragone tra la radio e la TV.

Per tornare alla scrittura, penso che se si svolge un’attività diversa dal proprio lavoro bisogna farla in maniera differente e più originale di chi la fa per mestiere. Nei miei libri ho aggiunto anche la mia passione per il giornalismo, cosa che li ha resi diversi dai libri scritti da autori di professione.”

Perché ha scelto di eleggere la Francia a sua seconda patria? Quale paese preferisce e perché?

“Ero appassionato dalla Germania, poi, nel 1977, ho avuto l’opportunità di una borsa di studio e sono andato a vivere alla Cité Universitaire di Parigi. Nel 1986 mi hanno proposto di tornare a Parigi come corrispondente di un nuovo giornale italiano, Italia Oggi, e ci sono andato subito. Così è iniziata la mia passione per la Francia che non è mai finita”.

La politica europea del momento la inquieta?

“All’origine di tutto c’è il fatto che viviamo un momento di crisi profonda della politica. La pace, per gli europei, è acquisita e ormai scontata, invece è un privilegio da conquistare tutti i giorni. Non è detto che la libertà sia per sempre. Il problema oggi è che, in Italia come in Francia, il cittadino non si sente più rappresentato. Ci siamo abituati ad una pace anormale, nella quale pochi vanno a votare e danno credibilità alla politica. Oggi il mestiere della politica non è più un mondo nobile e ben visto, ma è svilito; i giovani, infatti, si disinteressano alla politica.”

Secondo Lei, oggi ci sono degli sportivi che, come Bartali, influenzano la politica?

Sì, certo, sicuramente. Mi viene in mente Dani Alves, calciatore del Barcellona al quale, nel 2014, mentre tirava un calcio d’angolo è stata tirata una banana, lanciata sul campo da tifosi come un atto razzista. Lui, come semplice risposta, si piega, sbuccia la banana e la mangia. Questo è un piccolo esempio. In realtà, penso che oggi Leo Messi e Cristiano Ronaldo di certo non rischierebbero la vita senza chiedere alcun compenso. È proprio così che ci accorgiamo della grandezza di Bartali perché lui ha partecipato alla resistenza durante la guerra, volentieri e senza chiedere niente in cambio.”

Perché ha scelto di pubblicare un libro su Bartali, sul suo impegno durante la guerra? Nasce da una sua passione per il ciclismo?

“Certo, nella prima parte del libro racconto anche una storia personale. Nel 1938, cominciarono a essere promulgate le leggi razziali e la persecuzione contro gli ebrei, che non tenevano conto della religione e sostenevano che il giudaismo fosse un fatto biologico. Le persone venivano giudicate per la propria razza biologica. Anche un ebreo convertito al cattolicesimo era considerato ebreo perché era nato così e la conversione non cambiava il colore del suo sangue. Questo è proprio il delirio del razzismo. Mio padre e mio zio furono licenziati e decisero di scappare da Novara, dove vivevano, verso la Svizzera, per salvare la pelle. Fecero il viaggio in bicicletta e per fortuna arrivarono sani e salvi, mentre dei loro compagni, ebrei, furono uccisi e buttati nel Lago Maggiore.

Anche io adoravo la mia bicicletta. Secondo me, rappresenta il mito di un popolo vero, nel XX secolo dietro una semplice bici c’era una concezione della società: chi non poteva permettersi un’auto usava la bicicletta. Avevo anche una passione per le gare ciclistiche che non erano le stesse di oggi: le strade non erano battute, le tappe erano molto più lunghe e i ciclisti correvano anche 20 ore senza fermarsi.”

Secondo Lei, Bartali ha agito per ragioni politiche, umanistiche o religiose?

“Bartali aveva un carattere molto particolare. Lui e Coppi rappresentavano l’Italia contadina, che nella bicicletta aveva il suo fondamentale mezzo di locomozione. Sicuramente ha agito per tutte e tre le ragioni. Prima di tutto per la religione perché Bartali, che era molto credente, teneva sempre avvitata sulla bicicletta un’immagine della Vergine e diceva che grazie a lei era sopravvissuto a varie cadute pericolose cha aveva fatto in bici. Andava spesso a Lisieux a pregare e fu l’arcivescovo di Firenze a chiedergli di entrare nella Resistenza. Quindi la religione ha rappresentato un valore molto importante nella sua vita. Anche la politica, sicuramente: Bartali era antifascista e non l’ha mai nascosto. Nel 1938, per esempio, quando l’Italia vinse la coppa del mondo di calcio, i giocatori fecero il saluto fascista; invece Bartali, quando vinse il Tour de France, lo stesso anno, si rifiutò di fare il saluto fascista e preferì fare il segno della croce. La sua partecipazione al salvataggio degli ebrei fu anche un modo di sfidare il fascismo.”

 Immaginiamo che abbia Bartali dinanzi a Lei, cosa gli chiederebbe?

“Gino Bartali diceva: “È tutto sbagliato, è tutto da rifare”, io gli chiederei se è proprio vero, se non c’è qualcosa da salvare nel mondo di oggi.”

Come mai la prima edizione del libro è in francese pur essendo Lei italiano?

“Tutti i miei libri sono scritti prima in francese perché vivendo, lavorando e avendo una presenza mediatica più forte in Francia era più facile trovare un editore solido in Francia. Poi, penso che il rapporto tra l’autore e il libro viva anche con le traduzioni e le nuove edizioni. Quindi, dopo averli pubblicati in francese, ho tradotto alcuni dei miei libri, così ho potuto anche correggere gli errori e fare meglio delle edizioni precedenti.

Il mio primo libro: “France Italie. Coup de tête coup de cœur” pubblicato nel 2006, racconta le differenze tra l’Italia e la Francia, “le due cugine latine” come direbbe De Gaulle: cugine perché tra sorelle c’è sempre il problema di sapere chi è la maggiore, invece tra cugine si è sullo stesso piano, si è pari”.

Qual era lo scopo del suo lavoro? Quali aspettative aveva nel pubblico dopo la lettura del suo testo? È stato deluso? Cosa prova nel sapere che il suo lavoro è oggetto di studio nei licei?

“Non sono stato deluso per niente. Volevo dire qualcosa che non era stato detto e anche avere il modo di esprimere me stesso attraverso passaggi autobiografici cercando sempre di entrare nei panni del personaggio.

Il fatto che il mio libro sia oggetto di studio nei licei mi fa provare una grande felicità. Per chi ha passato una vita a fare il giornalista e l’autore, intervenire nelle scuole per parlare di argomenti su cui ha lavorato e scritto dà molta soddisfazione.”

È stato un incontro molto interessante non solo per l’argomento del libro, ma anche per il pensiero e l’esperienza di Alberto Toscano. L’autore ci ha parlato del suo sguardo sul mondo contemporaneo, nel quale, secondo noi, fanno la differenza uomini e donne che provano a capirlo e a descriverlo sulla base di valori condivisi. Abbiamo visto l’emozione di un autore che ha reso omaggio a Gino Bartali scrivendo un libro su di lui e che è felice di condividere le sue conoscenze con i giovani.

Per la classe di 2nde1 L’incontro con Alberto Toscano è stato molto piacevole e ricco di spunti di riflessione.

Clara Vingiano e Clelia de Calonne 2nde1

La classe de 2nde ESABAC rencontre Alberto Toscano 

Alberto Toscano est un journaliste et écrivain italien né en 1948. Après s’être diplômé en Sciences Politiques all’Università Statale de Milan en 1973, il a travaillé pour divers journaux avant de s’installer à Paris en 1986 comme correspondant pour un quotidien italien. Aujourd’hui, Alberto Toscano est l’un des journalistes italiens les plus importants à Paris ; il associe à ce métier celui d’écrivain, ayant déjà publié huit livres.

Cette année, notre classe de 2nde1 a lu son livre « Gino Bartali. Una bici contro il fascismo » publié en 2018 en français avec le titre « Gino Bartali. Un vélo contre la barbarie nazie ». Gianni Mura, célèbre journaliste sportif italien, a écrit la préface et le livre a gagné le prix littéraire « Della Resistenza » - jury jeunes - de la ville d’Omegna.

Notre professeur d’italien, Marco Caccavo, a organisé une rencontre avec l’auteur pour nous donner la possibilité de lui poser des questions sur le livre, mais également sur sa vie et son expérience en tant que journaliste et écrivain franco-italien. Voilà le compte rendu de notre échange.

Quelles sont, selon vous, les qualités pour être un bon journaliste ? Avez-vous toujours eu une passion pour l’écriture ?

« La vraie école pour un journaliste c’est la vie, l’expérience. Dès mon plus jeune âge, je m’exprimais à travers l’écriture, mais j’aimais aussi beaucoup les radios libres où l’on pouvait tout dire. J’ai travaillé pour les radios françaises pendant toute ma vie et il n’y a pas une émotion plus belle que la radio. Aujourd’hui encore, les radios françaises et italiennes m’interviewent ; à mon avis c’est une façon différente de vivre le journalisme, on est jugé pour ce que l’on est, ce que l’on pense et ce que l’on dit. Ce n’est pas comme à la télévision où l’on doit faire attention au personnage que l’on incarne ; d’ailleurs, avant de passer à la télévision on doit se rendre chez le maquilleur, on est moins naturel. Je suis aussi allé à la télévision évidemment, mais il n’y a pas photo entre la radio et la télé.

En revenant à l’écriture, je pense que si l’on pratique une activité en plus de son travail il faut la faire de manière différente et plus originale de ceux qui l’exercent comme métier. Dans mes livres j’ai ajouté ma passion pour le journalisme, ce qui les a distingués des livres écrits par des auteurs de profession. »

Pourquoi avez-vous élu la France comme seconde patrie ? Quel pays préférez-vous et pourquoi ?

« J’étais passionné par l’Allemagne, puis, en 1977 j’ai eu l’opportunité d’une bourse d’études et je suis allé vivre à la Cité Universitaire, à Paris. En 1986 on m’a proposé de retourner à Paris comme correspondant d’un nouveau journal italien, Italia Oggi, et j’y suis allé tout de suite. C’est ainsi qu’a commencé ma passion pour la France qui n’a jamais cessé. »

La politique européenne du moment vous inquiète-t-elle ?

« À l’origine de tout ça il y a le fait que nous vivons un moment de profonde crise politique. La paix, pour les européens, est acquise et laissée de côté, alors qu’il s’agit d’un privilège à gagner tous les jours. Ce n’est pas dit que la liberté soit là pour toujours. Le problème aujourd’hui est que, en Italie comme en France, le citoyen ne se sent plus représenté. On s’est habitués à une paix anormale, dans laquelle peu de personnes vont voter et donnent de la crédibilité à la politique. Aujourd’hui la politique n’est plus considérée un monde noble et bien vu, elle est dévalorisée ; les jeunes, en effet, s’en désintéressent. »

Selon vous, il y a encore, aujourd’hui des athlètes qui influencent la politique ? 

« Oui, surement. Je pense à Dani Alves, footballer du FC Barcelone auquel des supporters racistes ont lancé une banane, en 2014, pendant qu’il tirait un corner. Et lui, comme simple réponse, s’est plié, a pelé la banane et l’a mangée. C’est un petit exemple. Mais en réalité je pense qu’aujourd’hui, ni Leo Messi ni Cristiano Ronaldo risqueraient leur vie sans demander compensation. C’est comme cela que nous nous rendons compte de la grandeur de Bartali, qui a participé à la résistance pendant la guerre, de bon cœur et sans rien demander en échange. »

Pourquoi avez-vous choisi de publier un livre sur Bartali et sur son engagement pendant la guerre ? Cela est-il né d’une passion pour le cyclisme que vous auriez ?

« Bien sûr, dans la première partie du livre je raconte aussi une histoire personnelle. En 1938, les lois raciales et la persécution des Juifs ont commencé à prendre le dessus, elles ne tenaient pas compte de la religion et considéraient que le judaïsme était un fait biologique. Les personnes étaient jugées pour leur race biologique. Même un Juif convertit au catholicisme était toujours considéré juif parce qu’il était né comme ça et la conversion ne changeait pas la couleur de son sang. C’est ça le délire du racisme. Mon père et mon frère furent renvoyés de leur travail et s’échappèrent de Novara, où ils vivaient, jusqu’en Suisse, pour se sauver. Ils firent le trajet en vélo et heureusement ils arrivèrent sains et saufs, contrairement à certains de leurs camarades qui furent tués et jetés dans le Lac Majeur.

Moi aussi j’adorais mon vélo. Selon moi, il représente le mythe d’un peuple réel. Au XXème siècle, derrière une simple bicyclette, il y avait une conception de la société : les personnes ne pouvant se permettre une voiture utilisaient le vélo. J’étais aussi passionné par les compétitions de vélo qui n’étaient pas les mêmes qu’aujourd’hui ; à l’époque les routes n’étaient pas battues, les étapes étaient beaucoup plus longues et les cyclistes pouvaient pédaler 20 heures sans s’arrêter. »

Selon vous, Bartali a agi pour des raisons politiques, humaines ou religieuses ?

« Bartali avait un caractère très particulier. Lui et Coppi (son adversaire sur le vélo) représentaient l’Italie paysanne, dont le vélo était le principal moyen de transport. Il a surement agi pour les trois raisons citées. Premièrement pour la religion car Bartali, qui était très croyant, gardait toujours,

vissée sur son vélo, une image de la Vierge Marie et il disait que c’était grâce à elle qu’il avait survécu aux nombreuses chutes dangereuses qu’il avait faites en vélo. Il allait souvent prier à Lisieux et ce fut également l’archevêque de Florence qui lui demanda d’entrer en Résistance. Donc, évidemment, la religion représentait une valeur très importante dans sa vie. La politique aussi, sans aucun doute : Bartali était antifasciste et il ne le cacha jamais. En 1938, par exemple, quand l’Italie gagna la coupe du monde de football, les joueurs firent tous le salut fasciste ; Bartali, lui, quand il gagna le Tour de France, la même année, refusa de faire le salut fasciste et préféra faire le signe de la croix. Sa participation dans le sauvetage des Juifs fut aussi un moyen de défier le fascisme. »

Imaginons que Bartali soit devant vous, que souhaiteriez-vous lui demander ?

« Gino Bartali disait : « Tout est raté, il faut tout refaire », ainsi je lui demanderais si c’est vrai, s’il n’y a pas quelque chose à sauver du monde d’aujourd’hui. »

Pour quelle raison la première édition du livre est en français même si vous êtes italien ?

« Tous mes livres ont d’abord été écrits en français parce qu’en vivant, travaillant et ayant une présence médiatique plus forte en France cela était plus facile de trouver un éditeur solide en France. Ensuite, je pense que le rapport entre un auteur et son livre vit aussi à travers les traductions et les nouvelles éditions au fil du temps. Donc, après les avoir publiés en français, j’ai traduit quelques-uns de mes livres, ce qui m’a permis de corriger les erreurs et de faire mieux que dans les éditions précédentes.

Mon premier livre : « France Italie. Coup de tête coup de cœur », sorti e 2006, raconte les différences entre l’Italie et la France, les deux « cousines latines » comme dirait De Gaulle : cousines parce qu’entre sœurs il y le problème de savoir laquelle est l’ainée, alors qu’entre cousines on est sur le même plan, on est à égalité. »

Quel était l’objectif de votre travail ? Quelles attentes aviez-vous du public après la lecture de votre livre ? Avez-vous été déçu ? Que ressentez-vous quand vous apprenez que votre travail fait objet d’études dans les lycées ?

« Je n’ai pas du tout été déçu. Je voulais dire quelque chose qui n’avait pas été dit et réussir aussi m’exprimer à travers des passages autobiographiques en essayant de toujours entrer dans la peau du personnage.

Le fait que mon livre soit objet d’études dans les lycées me rend très heureux. Pour quelqu’un qui a été journaliste et auteur toute sa vie, intervenir dans les écoles pour parler de sujets sur lesquels on a travaillé et écrit est très satisfaisant. »

Cette rencontre fut très intéressante, non seulement pour le sujet du livre, mais aussi pour les idées et l’expérience d’Alberto Toscano. L’auteur nous a raconté son regard sur le monde contemporain, dans lequel, selon nous, les hommes et les femmes qui essayent de le comprendre et de le décrire sur la base de valeurs partagées font la différence. Nous avons vu l’émotion d’un auteur qui a rendu hommage à Gino Bartali en écrivant un livre sur son histoire et qui est heureux de partager ses connaissances avec les jeunes.

Pour la classe de 2nde 1, la rencontre avec Alberto Toscano fut très agréable et pleine de matière à réflexion.

 

 

Par Clara Vingiano et Clelia de Calonne 2nde1